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Chiesa Santa Maria - IL Tempo Che Fu

Il Tempo Che Fu
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Chiesa Santa Maria

Storia
CHIESA DI SANTA MARIA DEL CASTELLO
STORIA DELLA COSTRUZIONE
La chiesa. sorta probabilmente già nel primo millennio viene documentata per la prima volta nella lettera di donazione a San Vittore del 1219. Non si può dimostrare se nella navata attuale eretta al più tardi in età romanica, siano comprese parti risalenti all’Alto Medioevo. Certamente al 1100 circa risale anche il campanile. Come risulta dal Protocollo di Visitazione del 1583. si trattava di una chiesa a sala con due absidi semicircolari a volta. Questa pianta non frequente, che potrebbe essere sia del Primo Medioevo che romanica sorprendentemente è documentata nei Grigioni in due altre località dell’Alta Mesolcina. a Mesocco in S. Pietro e Paolo e a Cremeo in S. Pietro; inoltre si riscontra a Chironico, Mendrisio (S. Martino), Reichenau-Mittelzell.
Il 23 gennaio 1450 il conte Enrico de Sacco-Mesocco donò a nome del fratello Giovanni un altare dedicato ai ss. Giovanni Battista, Giorgio, Carpoforo, Antonio, Sebastiano, Barbara, Caterina e tutti i santi. Il sacerdote fu incaricato contemporaneamente di celebrare le messe funebri nel cimitero adiacente sopra Ie tombe dei signori de Sacco-Mesocco . Questo ed altri due altari quello in onore di s. Maria e quello dei Re Magi. vennero consacrati il 6 giugno 1459. La riconsacrazione dell’altare maggiore e dei due laterali fa supporre che nel decennio 1450/60 fosse stato portato a termine un radicale rinnovamento. Gli affreschi della parete settentrionale e il dipinto della Madonna sulla parete sud risalgono al più tardi al 1469 (vedi p.41).
Nel 1479 si ha notizia di un quarto altare, quello della Croce. Poco prima del 1583 ebbe luogo un ulteriore rifacimento, di cui tuttavia non conosciamo l'entità. Nel 1627 Mastro GIOVANNI BATTISTA VISCARDl da San Vittore, della rinomata famiglia di architetti mesolcinesi, eresse un nuovo coro dopo aver abbattuto le vecchie absidi e prolungato la navata di circa m 4 verso est. Contemporaneamente vennero ingrandite e ridistribuite le finestre. Verso il 1680 seguì la costruzione della sagrestia. Nel 1720 venne rifatto l’esterno e nel 1729 venne eretto il pulpito che fu addossato alla parete settentrionale davanti agli affreschi.
Nel 1923 venne eseguito un completo restauro della chiesa sotto la direzione dell’architetto basilese MAX BACHOFEN, durante il quale il pulpito venne spostato sulla parete sud. I dipinti murali della parete settentrionale vennero restaurati e in parte completati (vedi p. 30).
Da allora la chiesa è un monumento nazionale tutelato dalla Confederazione e dal 1976 dall'Ufficio Cantonale dei monumenti storici.
Nel 1974 è stato eseguito un restauro dell'esterno diretto dall'ingegner WALTER GOLDER di Roveredo.
DESCRIZIONE DELL’EDIFICIO
La chiesa di S. Maria sorge nell'avvallamento a nord della collina del castello, collocandosi in un luogo poco visibile tra quest'ultimo e il paese. La cerchia delle mura, in parte ancora conservata, era congiunta alla struttura fortificata del castello. La chiesa. orientata a nord-est, consta di una sala rettangolare che immette in un coro chiuso su tre lati, cui è annessa a nord una sagrestia pressoché quadrata. Il prolungamento della navata medievale verso est (1627) è riconoscibile a sud da un giunto distante m 4.2 dall'angolo a est: qui s'interrompe anche lo zoccolo proveniente dal coro. Il portale della facciata ovest è ad arco a tutto sesto ed ha un intonaco liscio. La porta in noce, datata 1729, presenta modesti intarsi (stessa lavorazione del pulpito); sul catenaccio ricompare la data 1729. L'entrata laterale con architrave orizzontale appartiene alla fase del prolungamento del lato nord. Presso il campanile è riconoscibile una vecchia porta murata con arco a tutto sesto che immetteva nella navata. Il tetto a due falde è ricoperto di piode. Sul fronte occidentale compare la data 1720 e il monogramma del capomastro «P.T.». La sagrestia è aggiunta al lato settentrionale del coro.
Il campanile, sul fianco meridionale della navata, è una snella costruzione romanica (1100 circa), articolata in sei piani da archi ciechi rispettivamente tripli e quadrupli. L'ultimo piano non presenta più gli archetti ciechi sui lati est e nord, essendo stato rifatto. Le aperture aumentano progressivamente dal basso verso l'alto secondo lo schema architettonico romanico; nel piano più basso si aprono feritoie, nel secondo sottili finestre con arco a tutto sesto ( monofore), nei quattro piani superiori bifore con imposte oblique su sottili pilastrini senza basi e capitelli.
Il tetto a quattro falde è coperto di piode. Alla base del campanile. verso sud, è addossata una nicchia con volta ad arco a sesto acuto che senza dubbio venne usata successivamente come ossario, ma originariamente serviva come tomba secondo il modello italiano. Una croce di Malta in rilievo sulla chiave di volta dell'arco fa supporre che qui fosse stato sepolto Eberardo de Sacco-Mesocco, un figlio del trovatore Enrico, documentato nel 1314 come cavaliere dell'Ordine dei Gerosolimitani.
Durante l'ultimo rifacimento del 1974 venne rifatto l'originario intonaco bianco, che attribuì all'edificio il nomignolo di «S. Maria in bianco».
Affresco sulla facciata principale v. pag. 39.
INTERNO
Il soffitto della navata, presumibilmente del 1627. è costituito da una travatura in legno  e da una robusta listonatura longitudinale che lo suddividono in cassettoni allungati. È decorato con volute d'acanto, motivi di pietre incastonate e fiori dai colori vivaci di gusto popolaresco (giallo. azzurro. rosso, grigio e bianco): al centro c rappresentata l'Assunta. Questa fitta decorazione risale, stando all’iscrizione, al 1757 e venne eseguita. secondo quanto è testimoniato dalla firma dell'artista apposta sulla prima trave a ovest, da «JOANNES SEPP DE SUMVITCHS» (Somvix). Gli archi delle finestre nelle pareti sud e ovest sono a sesto ribassato: ornamenti in rosso. azzurro e grigio, simili a quelli del soffitto, decorano le loro nicchie e le coronano di ricchi timpani, offrendo un effetto d'ingrandimento ottico. Nella parete d'ingresso si aprono inoltre una lunetta e due finestre per la preghiera.
Il coro, aggiunto nel 1627 alla navata prolungata verso est, venne decorato con stucchi rococò  solo  nel 1720. Su fondo marroncino-grigiastro, scandito da nastri blu che sottolineano la forma della volta rappresentante il cielo, sono stati eseguiti stucchi in bianco: lungo i nastri si svolgono volute di foglie e ramoscelli tra cui si mescolano già motivi di conchiglie. graticci, rocailles e figurine di angeli. Ai capi dei nastri vi sono i veri e propri elementi della decorazione in stucco: medaglioni con i rilievi dell'Annunciazione, della Natività, dell’Assunzione e dell’immacolata Concezione. Nella decorazione del coro si inserisce l’altare maggiore la cui sovrastruttura in stucco a motivi neoclassici risale probabilmente alla prima metà del secolo XIX.
La pala proviene da un altare più antico: Maria con una veste color rosso-lilla e un  mantello grigio-azzurro sopra la falce lunare tiene il Bambino in braccio, circondata da una corona di raggi e da paffuti angeli sorridenti che la incoronano Regina del Cielo. Sotto vi sono gli stemmi Brocco. Toscano e Nigris con le iscrizioni «FISCHALE THOMAS BROCCO ANNO 1634» e SR MLLE (MINISTRALE) G10. DE NIGRO»; inoltre, si legge D’URANIA PIN.: resto della sigla dell’autore del dipinto. Si tratta del maestro «M CH» (MATHIS CHEFELER) del Canton Uri.
I due altari laterali presso l'ingresso del coro sono simili tra loro nell'edicola decorata in turchese e oro con colonne e timpano spezzato: risalgono al 1630-40.
L 'altare dei Re Magi (a sinistra, sul lato del corno dei Vangeli) è sormontato da un dipinto dell'Epifania in sfumature di toni caldi e scuri con figure accuratamente modellate: probabilmente è contemporaneo alla pala dell'altare maggiore e forse è opera dello stesso artista. Sull'altare di S. Giovanni (a destra. sul lato del corno dell'Epistola) è rappresentato il Battesimo di Cristo nel Giordano (ritoccato). Sui paliotti di questi due altari si trovano due putti alati che reggono drappi realizzati a stucco in una lavorazione fortemente plastica, e tra questi, incorniciati d'acanto, gli stemmi che si riferiscono ai patroni degli altari. A sinistra sono rappresentate tre corone; a destra la capanna di s. Giovanni sulla riva del Giordano e. di fianco. il bastone con la croce del Battista (1700 ca.). L'altare della Croce, addossato alla parete sud, è il vero e proprio altare «delle grazie», come dimostrano le offerte votive appese accanto. Oggetto di devozione era originariamente un dipinto eseguito in una nicchia quadrata nella parete. che in un primo momento non faceva probabilmente parte di un altare. Esso raffigura Maria col Bambino e davanti a loro s. Caterina in un gruppo che s'ispira al tema del mistico sposalizio della santa di Alessandria con Cristo (seconda metà del sec. XVI). Palesemente solo all’inizio del sec. XVIII venne costruito intorno a questo dipinto. che aveva guadagnato frattanto la venerazione popolare, un altare in stucco, formato da un'edicola con due colonne di gusto piuttosto grossolano. L'affresco originario, in parte danneggiato e in parte ritoccato. fu coperto con un dipinto a olio di scarso valore artistico dello stesso soggetto. La vera e propria pala d'altare. al di sopra di questa piccola tela, si riferisce all'Adorazione della Croce e rappresenta il Bambino Gesù in grembo a s. Giuseppe. Due angioletti in volo portano la croce come annuncio del sacrificio della vita; a destra, un legionario romano è inginocchiato e impugna un vessillo crociato. Si tratta di una pittura artigianale del sec. XVIII. Accanto, a destra, è appeso il cosiddetto «dipinto degli spazzacamini», datato 1830; porta la dedica degli spazzacamini di Mesocco che andavano a lavorare a Vienna e da là portarono con sé in patria questo quadro come ricordo. A colori vivacissimi vi è rappresentata la Madonna, Regina del Cielo, con in braccio il Bambino, entrambi adornati di corone di rose. Il pulpito  originariamente sulla parete nord e, dopo il 1923 su quella sud, è datato 1730. È in legno di noce, poligonale, con pilastrini tortili agli angoli e piede curvilineo. La copertura è a forma di cupola con viticci intarsiati. Al 1729 risalgono gli stalli del coro, scanditi da pilastri tortili. Secondo i libri dei conti, i lavori di falegnameria e intarsio vennero diretti dai maestri ANDREAS TESCHER, JAKOB PORTSCHER e KASPAR HOESLI. L'acquasantiera  in marmo bianco risale al 1650 circa.
michele.paparella.68@gmail.com
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